Con molta probabilità, i primi pescatori sportivi che negli anni ottanta iniziarono a frequentare le acque dei laghetti artificiali per catturare le trote, non avrebbero mai pensato che dalla loro passione, e successivamente, dalla loro esperienza, sarebbe nato un sistema di pesca che avrebbe avuto una così importante espansione anche nelle acque salate.
Soprattutto non avrebbero mai immaginato di scoprire un nuovo modo di pescare, con una sua specifica e precisa filosofia : quello della “pesca con la bombarda”.
In quei ormai lontani anni, chi andava a pescare nei laghetti era visto, assolutamente a torto, un pescatore di serie “B”. “Vanno a pescare nella facilitata….” Si diceva “…pesci di plastica, appena immessi…che divertimento c’è a prenderli, si attaccano da soli, tanto hanno fame.”
La verità, invece, non era affatto quella sbandierata dai detrattori e molti “professori” che in più occasioni avevano snobbato i laghetti, se ne resero conto quando, in circostanze o situazioni particolari, si trovarono ad affrontare quella realtà.
Nel laghetto, la tecnica della bombarda, apparve immediatamente fondamentale per effettuare catture ed avere continuità, quindi ebbe un successo immediato ed insperato, tuttavia il fatto di constatare di essere al cospetto di pesci di allevamento, appena immessi e trasferiti da una vasca, poteva far pensare ad una loro semplice cattura: “ Come si prendono a bombarda si prendono anche a fondo o a galleggiante……mangiano in tutti i modi!”.
Non era però affatto vero, perché i vantaggi offerti dalla bombarda in fatto di possibilità di spaziare in tutte le distanze, direzioni e strati dell’acqua, mantenendo sempre una super sensibilità non è paragonabile a nessun’altra tecnica.
Dopo poco tempo venne fatta una scoperta fondamentale: le trote non attaccavano l’esca solamente per fame, ma anche ed in determinate circostanze soprattutto, spinte da spirito aggressivo, infastidite dal suo passaggio all’interno del loro spazio oppure dalla sua eccessiva vicinanza o forse ancora spinte da curiosità, paura, voglia di giocare…
Questa scoperta ha rivoluzionato un po’ tutte le teorie di pesca fino ad allora conosciute aprendo nuove prospettive ed orizzonti anche in altre tecniche.
Uno dei risvolti più importanti, fu il fatto di applicare questo tipo di pesca nato per le trote per la cattura di altri tipi di pesce che vivono in mare, ma che hanno le stesse caratteristiche e comportamento identico a quello delle trote.
Aguglie, lecce stella, occhiate, sgombri, lanzardi e sugarelli sono predatori di acqua salata che hanno nel DNA molte similitudini con i salmonidi e soprattutto con le trote Iridee, ad iniziare dal fatto che sono abituati a vivere in branco ed a cacciare prede in movimento.
La tecnica della bombarda
Questo sistema di pesca ha una caratteristica fondamentale, ovvero, oltre che stimolare il pesce ad abboccare facendo leva sulla sua fame, come abbiamo già detto, lo spinge anche ad aggredirla per rabbia o istinto predatorio, facendogli apparire l’esca come un piccolo pesciolino od organismo vivente in fuga.
Per ottenere questo effetto, l’esca viene “cucita” sull’amo con varie tipologie di innesco, in modo che si avviti su se stessa durante il recupero in acqua. In gergo l’esca deve “girare”.
Ma veniamo alla tecnica di pesca vera e propria.
La bombarda, di per se stessa, consente un raggio di azione di pesca veramente importante, sia in fatto di distanze raggiungibili che di strati dell’acqua da sondare.
Infatti vi sono condizioni nelle quali, a patto di impiegare canne, mulinelli, bombarde e monofili adeguati, si può portare l’esca (anche questa innescata in modo adeguato) fino a quasi cento metri da riva, con il vantaggio che la sensibilità in pesca non risulta minimamente compromessa dal peso della bombarda usata.
Altro pregio non da poco di questa tecnica è quello di consentire un recupero guidato, quasi “radiocomandato”, che significa intervenire costantemente sull’esca, giocando sul movimento a girare di questa, per stimolare il pesce ad aggredirla.
La fase di pesca è fatta di un’alternanza di veloci giri di manovella a cui seguono momenti di riposo, quindi nuove improvvise accelerazioni, brusche frenate…..e chi più ne ha più ne metta. Un altro sistema è quello di un recupero costante, intervallato da sensibili accelerazioni oppure rallentamenti.
Fantasia, estro, sensibilità il tutto alla luce di quel minimo di inventiva che è insito in ogni pescatore sportivo.
Al cospetto di pesci di banco, poi, una volta individuato il giusto sistema di pilotare la bombarda, le catture si fanno via via sempre più continue: un pesce al giro.
Oltre tutto essendo l’azione di pesca effettuata a distanza da riva la pescata può durare per ore ed ore con la stessa resa iniziale.
Decisamente divertente anche tutta la fase di attacco del pesce, ferrata e recupero della preda allamata, soprattutto l’aguglia infatti sprigiona una forza incredibile con salti addirittura fuori dall’acqua.
Le canne
In questa tecnica è importantissimo impiegare canne specifiche, ovvero nate appositamente per lanciare alla massima distanza possibile dalla riva e con la massima precisione le bombarde.
Canne che devono anche assicurare, in fase di recupero, grande sensibilità nel segnalare le mangiate e garantire prontezza nel ferrare la preda e ancora il controllo e la gestione del pesce in fase di combattimento.
In mare si utilizzano attrezzi da 4,20 a 4,80 metri poiché l’azione di pesca spesso viene esercitata dall’alto di una scogliera oppure di un manufatto ed un attrezzo più corto non sarebbe adeguato.
Le canne nate per la pesca con la bombarda hanno l’attacco del mulinello posizionato molto più in alto rispetto alle normali bolognesi, sul tipo delle canne per la pesca all’inglese, per consentire una leva maggiore e quindi poter forzare la potenza del lancio; montano cime non in vetro ma in carbonio pieno .
Quest’ultima caratteristica, durante il lancio, consente di sopportare agevolmente anche bombarde di peso considerevole e durante il recupero la cima non si incurva mai eccessivamente, permettendo la perfetta visualizzazione delle abboccate.
Quando il pesce attacca l’esca la vetta in carbonio pieno, mantiene una grande reattività, riprendendo immediatamente la posizione di riposo.
Tuttavia vi sono molti agonisti che preferiscono utilizzare vette in fibra di vetro, lavorate artigianalmente, queste punte ad innesto hanno un’azione progressiva ed una sensibilità indiscussa.
Ci sono due tipi di canna da bombarda tutti e due molto indicati. La prima famiglia è quella della telescopiche, la seconda quella delle canne ad innesti.
Sia le prime che le seconde hanno performance elevatissime, vediamone brevemente pregi e difetti.
Esistono canne telescopiche, costruite, appositamente per la pesca con la bombarda, con pezzature differenziate tra un elemento e l’altro. In poche parole la lunghezza dei pezzi è decrescente dalla base verso la vetta.
Il difetto principale delle telescopiche è quello che i punti dove le sezioni della canna si sovrappongono e creano i cosiddetti giunti, poiché per forza di cose vengono irrobustiti, creano una sorta di interruzione nell’azione sotto sforzo. Una interruzione della curvatura dell’attrezzo che la legatura degli anelli guida filo sulla cima delle sezioni non fa che accentuare.
Per riuscire ad eliminare completamente questo difetto bisognerebbe poter costruire una canna a pezzo unico e possibilmente fare in modo che sul suo fusto venissero legati una serie infinita di anelli guida filo allineati uno vicino all’altro, forse questo garantirebbe un’azione quasi perfetta, ma è chiaro che per praticità una soluzione come questa è impossibile da realizzare.
Tuttavia partendo proprio da questo concetto si è arrivati a progettare canne costruite con più sezioni ad innesto ottenendo risultati sorprendenti, veramente al limite della perfezione.
Per un attrezzo da bombarda bastano tre pezzi, che vengono perfettamente innestati a spigot (spinotto): il risultato è quello di ottenere una curvatura della canna progressiva, soprattutto sotto sforzo, sia in fase di recupero del pesce che in fase di lancio.
Lo spigot non è altro che uno spezzone di carbonio pieno (maschio) che esce per una decina di centimetri circa dall’interno della sezione di canna inferiore sul quale si inserisce perfettamente lo spezzone cavo della sezione superiore (femmina).
Quindi, in una canna da bombarda ad innesti, ci sono solo due punti di giunzione a spigot, più quello dove la cima tubolare è sdoppiata con quella di carbonio pieno ed apparentemente non si vedono punti di interruzione.
Ultimamente sono state costruite cime in carbonio tubolare ultra fini, addirittura stiamo parlando di 0,80 mm. di diametro apicale, il che comporta una straordinaria precisione in fase di lancio e sensitività durante l’azione di pesca.
Ma torniamo ad una normalissima canna telescopica dove gli anelli guida filo sono legati obbligatoriamente sulla sommità delle sezioni e dove gli anellini della cima devono per forza essere scorrevoli.
In fase di montaggio della canna, si cerca in tutti i modi di allinearli perfettamente, in modo che l’uscita/entrata del filo risulti ottimale e di conseguenza anche l’azione dell’attrezzo, tuttavia, dopo pochi lanci e recuperi di prede, spesso l’allineamento va a farsi benedire….
Questo accade anche se la canna è provvista di linee guida per facilitarne il montaggio e consentire il perfetto allineamento.
Sotto questo aspetto diventa veramente schiacciante la supremazia di una canna ad innesti, in fase di montaggio, nel lancio, sotto sforzo, gli anelli restano perfettamente posizionati, dove potrebbero andare altrimenti visto che non esistono scorrevoli?
C’è anche un secondo aspetto non da poco e cioè quello che durante la progettazione i passanti guida filo, contrariamente agli obblighi imposti dalla telescopica, vengono legati dove la curva dell’attrezzo lo richiede: questo, in altre parole, vuol dire concreta collaborazione tra fusto ed anelli.
Il perfetto allineamento degli anelli si traduce in una maggior scorrevolezza del filo in fase di lancio ed anche nel più agevole passaggio del nodo dello shock leader che è indispensabile per l’uso di bombarde pesanti, il che vuol dire più precisione e maggiore gittata.
Anche sotto il profilo del diametro delle sezioni le canne ad innesto si fanno preferire alle telescopiche. Molto più sottili ed in grado, quindi, di tagliare meglio la resistenza del vento o dell’aria.
Per quanto riguarda il discorso della sensibilità, poi, l’utilizzo di meno sezioni si traduce nel far perdere alla canna meno vibrazioni durante il tragitto dalla cima alla base della canna, cosa che avviene in una normale telescopica.
Infine per il montaggio/smontaggio della canna ad innesti non esistono particolari problemi, bastano infatti un paio di elastici per tenere unite le tre sezioni dell’attrezzo.
Si fa certamente più presto a montare una canna ad innesti piuttosto che una telescopica, basta infatti unire i tre pezzi che la compongono, facendo combaciare i segni disegnati sul fusto.
Un’ultima considerazione la canna ad innesti non avendo l’handicap delle tante cavità in cui acqua e sporcizia possono entrare, causando danni, è senza dubbio di più facile gestione rispetto ad una telescopica e risulta oltremodo facile da pulire.
A favore della telescopica occorre mettere la praticità per quanto riguarda l’ingombro a riposo, molto meno invadente e contenuto rispetto ad una canna ad innesti.
I mulinelli ed il filo da imbobinare
Trattandosi di una pesca che fa del lancio e successivamente del recupero il suo cavallo di battaglia, la tecnica della bombarda necessita l’impiego di mulinelli che abbiano una buona velocità di recupero oltre che una bobina di diametro adeguato, in maniera da velocizzare al massimo, soprattutto, i recuperi “vuoti” cioè quando si sbaglia una mangiata oppure si perde un pesce.
Quindi le taglie dei mulinelli saranno quelle di fascia media cioè la 3000 o la 4000.
Sulle bobine si caricano monofilo specifici per questa funzione, fili che siano perfettamente lisci ed abbiano doti di morbidezza: un connubio che assicura la massima scorrevolezza negli anelli e consente di far volare l’esca a grandi distanze.
Inutile dire che il filo caricato in bobina abbisogna di una manutenzione particolare: lavarlo dopo ogni uscita con acqua dolce, sbobinarne una sessantina di metri ed asciugarlo con uno straccio o un pezzetto di carta da cucina, in modo da “sgrassarlo”, recuperandolo nuovamente sulla bobina, consentirà ottime prestazioni quando verrà riutilizzato.
Le bombarde
Per le aguglie, di solito, occorrono bombarde che abbiano poca affondabilità, con la caratteristica fondamentale di scendere orizzontalmente, oppure che siano addirittura galleggianti, anche in questo secondo caso devono però rimanere distese sull’acqua in maniera orizzontale.
Questo ultimo fattore obbliga la bombarda a scendere molto più lentamente ed a mantenere un assetto costante su una stessa linea di pesca, rispetto alla punta della canna che rimane in questo modo allineata sia alla bombarda che all’esca, durante la fase di recupero o di stop per consentire al pesce di ingoiare l’esca dopo i primi segni di mangiata.
Tuttavia da qualche anno a questa parte si è giunti nella determinazione di impiegare anche bombarde che affondano in maniera più marcata, facendo in modo di agire costantemente su queste, con il recupero, per tenerle nello strato d’acqua voluto.
In pratica, anche una bombarda con una accentuata affondabilità, se recuperata velocemente tende a salire a galla, quindi facendo tesoro di questo concetto, si tende ad impiegare bombarde con meno galleggiabilità per riuscire a sondare velocemente i vari strati dell’acqua.
Chiaramente, in questo modo, i tempi morti vengono ridotti al massimo e tutta l’azione di pesca viene concentrata sul recupero più o meno veloce della bombarda, badando bene di capire dopo quanto tempo dalla caduta in acqua di questa si deve iniziare a recuperare.
Diciamo che, nella normalità, in mare si impiegano bombarde da 12 a 20 grammi con varie affondabilità determinate soprattutto dalla corrente ed anche dalla forza del vento.
Si consiglia tuttavia di impiegare misure che consentono sempre e comunque di lanciare oltre alla zona pasturata.
Generalmente quando il mare è perfettamente calmo, senza vento, si evidenziano sulla piatta superficie dell’acqua le classiche bollate a svelare la presenza delle aguglie in mangianza. Molto semplice individuare, sul pelo dell’acqua, l’inconfondibile sagoma del becco aperto del pesce in corrispondenza della bollata stessa, in questo caso occorre impiegare una bombarda completamente galleggiante.
La bombarda galleggiante ha infatti la caratteristica di poter essere trainata con sufficiente padronanza, consentendo all’esca di avvitarsi su se stessa e di apparire agli occhi dei pesci come un organismo vivente in fuga, rimanendo perfettamente a galla anche quando il recupero si interrompe in concomitanza con la bollata del pesce che evidenzia l’attacco del boccone da parte di questo.
Questo tipo di bombarda viene ottenuta al tornio e, non avendo un’anima metallica all’interno, ha la proprietà di possedere, una volta adagiata sulla superficie dell’acqua, un assetto perfettamente orizzontale che le consente inoltre di non influire sulla sensibilità della lenza soprattutto durante la fase dell’abboccata.
Il bracciolo può essere, se è il caso, appena appesantito con uno o due pallini di piombo, allo scopo di consentire un minimo affondamento dell’esca.
La lenza
La bombarda si inserisce scorrevole, sulla madre lenza che esce dalla bobina del mulinello e che è normalmente di monofilo dello 0,16 mm.
Utilizzando tuttavia bombarde di peso superiore ai venti grammi conviene, per non correre rischi di strappo in fase di lancio, costruire uno shock leader di una decina di metri di filo dello 0,20 mm.
Sotto la bombarda si inserisce un paracolpi per attutire i colpi di questa sulle tre girelle in serie, dotate di clip a sgancio rapido, dalla quale parte il terminale di un paio di metri al quale è legato l’unico amo.
Il terminale per i primi 80 cm. è costituito di monofilo dello 0,18 mm., brillato per una trentina di cm. nella parte dove si attacca alla clip, quindi un nodo assicura la parte di terminale costruita in fluoro carbon (0,12/0,14 mm.), lunga un metro e venti circa alla quale verrà legato l’amo.
In questo modo il terminale è costruito tipo “coda di topo” e la funzione di questo verrà riscontrata in fase di pesca perché consentirà di non avere problemi di attorcigliamento sulla bombarda e rapidità nelle fasi di sostituzione dell’ultimo pezzo di terminale.
Gli ami
Gli ami sono quelli a gambo lungo, cristallini e possono variare dal n. 12 al n. 14. Per questa pesca dove sono fondamentali inneschi a girare è opportuno impiegare ami con occhiello per far salire facilmente le esche sul filo, soprattutto vermi e camole, senza lederne la vitalità.
Inoltre la legatura degli ami ottenuta con un nodo a stringere permette di lasciare un piccolo baffetto di due o tre millimetri che fungerà da ferma esca e che sostiene l’innesco senza lasciarlo scendere sulla pancia dell’amo, durante le fasi di lancio e di recupero.
Le esche
Le esche principali per questa pesca sono la tremolina (Veneziana, bigattella) il saltarello (Tunisino, Coreano, Veneziano) e le camole del miele.
I filetti dell’acciuga, della sardina o del sugarello rappresentano una valida alternativa, specialmente se si insidiano aguglie di grossa taglia.
In questo ultimo caso tuttavia conviene legare due ami in serie.
Gli inneschi devono essere fatti in modo che le esche si avvitino su se stesse
In relazione a quanto detto all’inizio, quando si parlava di un sistema di pesca dove l’appetito oppure l’istinto predatorio dei pesci andava stimolato, gli inneschi rappresentano l’anima vera e propria di questa tecnica.
Particolare cura viene quindi riservata al posizionamento delle esche sull’amo, anche e soprattutto per il fatto che se l’innesco non viene fatto come si deve, cioè se l’esca, durante il recupero, non si avvita su se stessa dando l’impressione di un piccolo organismo che fugge, difficilmente riceverà le attenzioni dei pesci.
I vermi devono quindi essere innescati a calza, molto delicatamente, per la testa e lasciati penzolare per la restante parte del corpo, facendo in modo che lo stress del lancio non ne pregiudichi l’integrità, in altre parole non si devono rompere.
Anche la camola del miele ed il bianchino se impiegati singolarmente devono obbedire alla stessa regola. Le larve, infatti, vengono innescate appena sotto alla testa, facendo in modo che l’amo le attraversi completamente fino a far passare l’anello o la paletta, per poi cucirle a calza.
Molto più semplice l’innesco doppio, dove una camola viene innescata a coprire il gambo dell’amo fino a salire sopra alla paletta o all’occhiello, mentre la seconda è penzoloni cucita sotto alla testa.
Spesso, al cospetto di aguglie di una certa taglia si impiega, ricavandola dalla pancia o dal fianco di acciughe, sardine o sugarelli, una strisciolina di polpa di quattro o cinque centimetri, facendo in modo che la pelle non si stacchi dalla carne. E’ sempre opportuno rinforzare l’innesco con alcuni giri di filo elastico in modo che riesca a sopportare gli stress del lancio e della entrata/caduta in acqua.
Questo innesco viene “montato” su due ami in serie legati a circa due centimetri l’uno dall’altro.
Girelle triple con clip
Al cospetto di inneschi volutamente approntati per girare su se stessi occorre predisporre meccanismi che riescano a scaricare le torsioni che inevitabilmente il terminale accumula durante il recupero, altrimenti queste andrebbero ad interessare il filo del mulinello, rendendolo inutilizzabile dopo pochi lanci: questo è il motivo dell’inserimento di tre girelle in serie che lavorano tra la bombarda e l’attacco del terminale.
In commercio esistono girelle triple dotate di clip per permettere la semplice e veloce sostituzione del terminale.
La pastura “fiondata” o lanciata con il “cobra”
Anche nella tecnica della bombarda la pastura è fondamentale, e naturalmente pescando a notevole distanza, deve essere effettuata con la fionda. Quando invece si pesca più vicini basta l’impiego del pasturatore “cobra” .
La base della pastura è quella solita: sardine macinate e salate che però andranno integrate con un disgregante composto da pane belga, cruschello e riso soffiato macinato, per fare in modo che spacchi a galla lasciando sulla superficie elementi galleggianti intrisi di pastura che verranno seguiti dalle aguglie per diversi metri trattenendo i pesci nella zona di pesca.
La pastura viene lanciata dopo aver passato la pallina, grossa come un mandarino, prima di metterla nel bicchiere della fionda o del pasturatore “cobra”, nel disgregante. Questo farà in modo che la stessa non correrà il rischio di restare appiccicata al bicchiere durante il lancio.





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