SGOMBRI: UNA TRADIZIONE PRETTAMANTE ROMAGNOLA, LA TECNICA

Alla giornata d’oggi qualsiasi appassionato, anche alle prime armi, che si può permettere viaggi, spostamenti, barca, attrezzature e chi più ne ha più ne metta, è in grado di poter praticare con successo ogni tipo di pesca, mirata a qualunque tipo di pesce. È solo questione di portafoglio…..

Tutto dipende ormai soprattutto dalle possibilità economiche che, purtroppo, condizionano ogni tipo di attività.

Stiamo tuttavia parlando di una esigua minoranza rispetto alla massa di pescatori sportivi che devono fare i conti con la vita di tutti i giorni e con lo sfogare la propria passione.

Tra questi non tutti si dedicano a tecniche mirate alla cattura di specie pregiate oppure di grossi pesci, vi sono anche quelli che si “accontentano” di poche uscite annuali o stagionali a caccia di pesci azzurri o che costretti dalla zona di mare nella quale operano si adattano alle specie che la popolano.

La ricerca del “grosso” oppure del “pregiato” è una scelta che può regalare soddisfazioni enormi, ma che al tempo stesso è anche coraggiosa e rischiosa, limitando di fatto le possibilità di cattura.

Meglio allora andare sul sicuro e come tantissimi appassionati fanno, adeguarsi ad insidiare le specie di pesce azzurro che fortunatamente ancora in abbondanza popolano i nostri mari dalla primavera all’autunno e che possono regalare, con la loro cattura, emozioni e divertimento a ripetizione senza rischiare uscite a vuoto, ma soprattutto rimanendo nei limiti del proprio budget.

Le specie in questione sono quelle della nostra tradizione di pesca dalla barca ovvero gli sgombri, i lanzardi ed i sugarelli.

Sono pesci decisamente “facili” da incontrare, vivono pressoché nelle stesse zone di mare e normalmente si catturano nel corso della stessa pescata, infatti, le loro caratteristiche di comportamento sono identiche, vengono, quindi, insidiati con la stessa attrezzatura e le stesse esche.

Il lanzardo, quello che raggiunge le dimensioni maggiori, è il classico pesce che racchiude in sé quanto viene richiesto ad una preda da un pescatore sportivo, a dispetto della scarsa qualità delle sue carni.

E’ una preda che richiede in fase di pesca una costante concentrazione per la relativa facilità nel farlo abboccare ed è questo che obbliga l’impiego di attrezzature al limite per avere ragione della sua diffidenza, attrezzature che poi, durante la fase di combattimento, risultano leggere e sensibili, riuscendo ad entusiasmare anche il più freddo dei pescatori.

E’ chiaro quindi come la soddisfazione della cattura diventi ancora più grande….

Il suo corpo, affusolato ed a forma di siluro è un vero e proprio concentrato di muscoli, sembra fatto apposta per nuotare come un missile e per riuscire ad attaccare con successo le acciughe e le sardine.

Le dimensioni raggiunte da questi pesci sono veramente interessanti: molto spesso superano il chilogrammo ed i cinquanta centimetri di lunghezza, a volte, addirittura, arrivano ad un chilogrammo e mezzo, a volte oltre……

Incredibile la netta sproporzione tra dimensioni e forza, risultando la seconda di gran lunga superiore rispetto alla prima.

Come facilmente intuibile, il lanzardo si fa apprezzare per il divertimento che offre la sua pesca e,  visto che ama vivere in branchi composti da numerosissimi soggetti, il divertimento viene moltiplicato.

La sua livrea è molto simile a quella dello sgombro, ma ha le strisce nere del dorso più strette, più interrotte e meno evidenti. Sui fianchi argentati sono presenti delle macchie nere che lo differenziano dal suo cugino primo che, più ricercato dal punto di vista della cucina, raggiunge dimensioni meno interessanti.

Anche lo sgombro è un concentrato di muscoli ed addirittura risulta più snello rispetto al lanzardo.  

Il lanzardo e lo sgombro, al contrario del sugarello  preda che come abbiamo detto normalmente viene catturata durante la stessa uscita di pesca, mantengono tuttavia atteggiamenti ed approccio alle esche ben precisi.

Infatti mentre i sugarelli non si fanno scrupoli nel mantenersi nelle vicinanze dell’imbarcazione o addirittura sotto a questa per riempirsi tranquillamente di pastura, il lanzardo e lo sgombro compaiono sulla scena all’improvviso, entrando sulla scia della corrente ed attaccano esche e pastura senza fermarsi, per poi proseguire la loro rotta ed uscire dal raggio di azione delle canne. Entrano, escono, ricompaiono… quasi sempre allo stesso modo, all’improvviso, alzandosi in superficie oppure abbassandosi  a seconda delle condizioni del mare, della stagione, del numero di pesci che compongono il branco…

Dopo quanto appena detto è facile comprendere come si possa apprezzare la pesca di questi pesci e come l’alternativa possa risultare interessante per ogni pescatore sportivo, anche di quello più esperto.

La Romagna: culla di questa pesca 

Lanzardi, sgombri e sugarelli sono presenti in tutti i mari che circondano la nostra Penisola, ma è nel Medio Adriatico che la pesca di questi pesci ha assunto una sua identità chiaramente definita.

In questa zona, ma soprattutto lungo la costa Romagnola, grazie alla grandissima potenzialità ed all’istinto della popolazione locale, di trasformare in turismo qualsiasi opportunità viene offerta loro dalla natura, sono nate le escursioni di pesca organizzate sui barconi.

Già negli anni settanta, infatti, da queste parti venivano organizzati i primi “charter”, con i quali anche chi non dispone di un natante può facilmente cimentarsi in questa pesca a prezzi decisamente abbordabili ed alla portata di qualsiasi portafoglio.

Praticamente in ogni porto, partendo da Senigallia, Pesaro per arrivare a Porto Garibaldi, Porto Barricata ed addirittura oggi a Chioggia, esistono delle grosse e sicure motonavi che offrono a tutti la possibilità di fare un’esperienza irripetibile in mezzo al mar Adriatico.

I barconi inoltre assicurano  grandissimi vantaggi, infatti per effetto delle loro dotazioni di bordo, dell’esperienza giornaliera di pesca e della consapevolezza che i clienti che si sono divertiti ritorneranno a bordo per altre escursioni, portano quasi a colpo sicuro sopra il branchi di pesce e molto raramente e solo a causa di condizioni meteo avverse la battuta andrà a vuoto.

Tuttavia la pesca di lanzardi, sgombri e sugarelli non è soltanto “barcone”, questa tecnica si può effettuare altrettanto fruttuosamente anche con imbarcazioni piccole e medie, anzi, ferme restando le chiare difficoltà che esistono nell’individuare le zone di mare dove i pesci sono presenti, quest’ultima soluzione è nettamente più divertente ed appagante.

Sul barcone, infatti, si deve pescare a spalla con altri pescatori, il più delle volte sconosciuti, quindi esistono regole fisse che è bene ricordare per chi non ha mai fatto una simile esperienza.

I posti migliori sono quelli situati a poppa o nelle immediate vicinanze, infatti la motonave, una volta ancorata si dispone quasi sempre con la prua rivolta verso la corrente.

La pastura viene posta  sulle fiancate sia a prua che a poppa ma la scia esce da poppa.

E’ chiaro che i pesci, eccitati dalla pastura,  risaliranno la corrente e si manterranno sulla scia della barca verso poppa per poi fare sporadiche scorribande anche sulle fiancate.

Solo quando il vento sposta il barcone lateralmente vengono buone le posizioni sulle fiancate dell’imbarcazione.

I posti sui barconi sono quasi sempre numerati e vengono assegnati a partire dalle postazioni di poppa in ordine di prenotazione oppure chi sale per primo si sceglie il posto, occupandolo con la canna o con l’attrezzatura.

Tranne che nei posti situati a poppa è poco conveniente pescare con il galleggiante o con piombature leggere, infatti per effetto della corrente si rischierebbero grovigli continui con i vicini di pesca.

Una volta allamato il pesce, non si deve nel modo più assoluto indugiare nel portarlo sotto bordo e quindi imbarcarlo, quando non si riesce a compiere questa operazione velocemente si rischia di raccogliere le lenze e le maledizioni di tutta la barca.

E’ chiaro quindi come, questa pesca sia molto più divertente da una barca piccola un, definiamolo così: “barchino”, avendo a disposizione lo spazio e la collaborazione dei pochi amici che pescano insieme a noi.

Risulta oltremodo divertente poter spaziare in lungo ed in largo con il pesce allamato, lasciandolo tirare e concedendoci qualche “licenza” da filmato…..

Le attrezzature

Dicevamo della tradizione Romagnola che vuole la canna per questa pesca, molto sensibile sulla punta, con una azione che si sviluppa sui primi tre pezzi, ma al tempo stesso anche maledettamente robusta, soprattutto nel fusto ed ancora esageratamente sottile!

Il diametro di base della 5,00 metri, nei modelli più azzeccati, è di soli 20 mm., nonostante questo l’attrezzo risulta anche potente e robusto. Queste canne sono generalmente costruite con pezzi proporzionalmente più corti man, mano che si sale verso la punta.

Le cime sono molto sensibili, in fibra di carbonio pieno, intercambiabili ad innesto, della lunghezza di ottanta centimetri circa.

La lunghezza delle canne da impiegare è dettata  dalle esigenze personali o se si preferisce pescare con uno o due ami. Le misure corte si impiegano quando si pesca da soli o al limite in compagnia di un paio di amici da piccoli natanti.

Altre necessità nascono quando si opera dal barcone, magari vicino ad altri pescatori con canne lunghe. In questo caso diventa sconsigliato l’impiego di attrezzi corti o medi perché, soprattutto  gli sgombri, si avventano sul primo boccone che trovano sulla loro strada e, poiché entrano da “fuori”, normalmente questo sarà innescato alla lenza attaccata alla canna più lunga.

Come detto, la canna da sgombri deve essere molto robusta in maniera da consentire di riuscire ad alzare di peso anche una doppia di pesci oltre il mezzo chilogrammo, senza l’impiego del guadino, ma altrettanto sensibile e pastosa per consentire di ridurre il percolo di slamatura dei pesci o di rottura dei terminali.

In presenza di pesci grossi, tuttavia, è consigliabile l’impiego di un unico bracciolo, molto lungo munito di un solo amo, questo facilita di molto tutte le operazioni, dalla ferrata, al combattimento fino all’imbarco del pesce.

Quelle, delle quali abbiamo elencato le caratteristiche qui sopra, sono dichiaratamente “canne da gara” ed hanno una lunghezza massima di cinque metri, nelle competizioni, non sono consentite infatti canne più lunghe di questa misura.

I garisti sono soliti far montare sulle loro canne i costosissimi anelli Si.c. (silicio di carbonio) od i nuovi “minimal” che hanno il grandissimo pregio di ridurre al minimo l’attrito del filo e di conseguenza eliminano quasi completamente il fenomeno della “ovalizzazione” da sfregamento, una delle cause principali della rottura dello stesso.

In commercio esistono comunque anche canne di fascia medio bassa, con prezzi alla portata di tutti. Occorre saperne valutare l’affidabilità, magari facendosi consigliare da un negoziante.

Alle canne devono essere abbinati mulinelli che avranno le sole caratteristiche della potenza e della leggerezza, infatti non occorre che siano veloci nel recupero, in genere si pesca ad altezze comprese tra i due ed dieci metri di profondità. Saranno di taglia media, vanno bene i 4000 con bobine capienti sulle quali verrà caricato un monofilo dello 0,26/0,30 millimetri.

Lenze: praticità, morbidezza e lunghezza dei braccioli… 

La lenza che si impiega nella pesca dalla barca di sgombri e sugarelli è normalmente realizzata con due ami. Questo per consentire alle esche di pescare a due altezze differenti in piena autonomia.

I braccioli a bandiera sono posti sopra al piombo, meglio se intercambiabile. Il peso dei piombi da impiegare varia da un grammo fino a cinquanta a seconda della corrente.

Nella pesca dal barcone, tuttavia, quando si opera spalla a spalla con altri pescatori, soprattutto in fiancata, non bisognerà in nessun caso scendere al di sotto dei venti/trenta grammi onde evitare fastidiosi grovigli con chi ci pesca accanto.

Chiaramente se si opera con canne di lunghezze oscillanti tra i quattro ed i cinque metri è possibile impiegare lenze a due ami con braccioli di lunghezza massima di 150 centimetri, operando invece con attrezzi di lunghezza inferiore occorrerà ridurre di conseguenza anche la lunghezza dei braccioli, mai comunque, scendendo al di sotto del metro.

E’ anche possibile, anzi meglio per chi inizia, decidere di pescare con un solo amo, in questo caso gran parte dei problemi legati all’impiego della canna corta vengono risolti, tranne quello della distanza dal barcone alla quale lavora la nostra esca.

Pescando sgombri e sugarelli si impiegano ami a gambo medio e pancia larga di misura variante a seconda della grossezza dei pesci che si sono radunati nelle vicinanze della barca attratti dalla pastura ami che potranno essere di misura compresa tra il numero 6 ed il 10.

Occorrerà quindi poter disporre di una serie di lenze confezionate con ami di diversa misura legati su braccioli di diverso diametro.

Queste lenze vanno sistemate sugli appositi rullini, particolari avvolgi lenza, costruiti in sughero sintetico o materiale simile, che hanno il grandissimo pregio, vista la loro forma perfettamente tonda di evitare il fenomeno detto della “fisarmonica”,  risultato dell’avvolgimento delle lenze su normali tavolette.

Le lenze da sgombri ormai sono diventate un condensato di tecnica elevato all’ennesima potenza.

Braccioli che girano intorno al trave senza arrotolarsi su questo mediante snodi ottenuti con girelle dotate di clip che consentono la rapidissima sostituzione di questi in caso di rottura, imbroglio o semplicemente per cambiare la misura dell’amo o il diametro del monofilo.

Altra particolarità è quella delle dimensioni ridotte del monofilo impiegato sul trave, normalmente di pochi centesimi di millimetro superiore rispetto a quello dei braccioli.

Per dare, come di consueto i numeri, diremo che la lenza da sgombri “tipo” è costruita con un trave dello 0,22 mm., della lunghezza di un paio di metri con due braccioli da 150 centimetri dello 0,18 .

Inneschi irresistibili

Lanzardi, sgombri e sugarelli amano cibarsi principalmente di acciughe. Le esche tuttavia devono essere “preparate” preventivamente, ad esempio a casa o al limite durate il tragitto della barca, onde non perdere tempo prezioso in fase di pesca, .

I bocconi più invitanti sono quelli che si realizzano sfilettando le acciughe, cioè realizzando da ogni pesciolino due striscioline di carne.

I filetti si ottengono badando bene a non staccare la pelle da questi e, nel caso vengano fatti a casa, si ripongono a strati dentro contenitori di plastica sul cui fondo metteremo della carta da cucina allo scopo di asciugare il sangue che inevitabilmente fuoriesce dagli stessi.

In mezzo ad ogni strato di filetti spruzzeremo un pizzico di sale fino.

Il filetto dovrà essere innescato partendo da una estremità, normalmente dalla parte della schiena lasciando penzoloni quella più vicina alla coda. Una volta fatto passare l’amo lo si riprende sul fianco anche un paio di volte.

Innescati a questo modo, i filetti, in fase di invito oppure solamente mossi dal flusso della corrente si muoveranno apparentemente agli occhi dello sgombro come pesciolini e verranno puntualmente attaccati.

La fitta.  

E’ il nome che viene dato in Adriatico alla pastura che viene attaccata alla sponda della barca, generalmente a prua ed è contenuta in un sacco di rete che permette tuttavia la fuoriuscita di piccoli pezzi di pesce.

Questa è costituita da una buona quantità di acciughe o sardine, anche non fresche, preventivamente sminuzzate grossolanamente con un pestello, penserà poi il rollio dell’imbarcazione a farne uscire pian piano i brandelli.

E’ molto meglio l’impiego di una pastura composta da pezzi di pesce che escono lentamente e con continuità che  una brodaglia che si perde sulla corrente, infatti gli sgombri dove trovano carne da mettere sotto i denti iniziano a risalire la corrente fino a raggiungere la fonte che la distribuisce.

Per coloro che preferiscono la comodità ed il sicuro effetto, in commercio esistono vari tipi di pastura “pronto uso” alla sarda salata, in molti casi già preparata con tanto di rete a maglia fine per essere attaccata al bordo della barca.

Anche la sarda macinata grossolanamente nel tritacarne ed integrata con una quantità di circa il 30% di sale rappresenta una ottima pastura, specialmente se si immergerà in acqua ancora congelata.

Infatti per effetto del suo progressivo scongelamento si liberano dal sacco le particelle di sardina che formeranno una attirante scia di pastura.

In virtù di quanto detto sopra comunque questo tipo di pastura deve essere integrato con il lancio in acqua di pezzetti di sardina od acciuga in modo che gli sgombri trovino qualcosa da mangiare, ma soprattutto non vedano in acqua solo le esche.

Non è infatti molto producente che gli unici pezzi di pesce intero siano quelli rappresentati dai nostri bocconi che oltretutto essendo attaccati alle lenze si comportano in maniera anomala rispetto a quanto avviene normalmente.

Meglio infatti che in acqua ci sia confusione tra pastura ed esche, i pesci nella loro frenesia di attaccare il cibo e facendosi concorrenza l’un l’altro cadranno con più facilità nel tranello che gli viene teso.

Tecnica di pesca

La pesca si effettua con la barca ancorata e con la pastura, sulla scia di questa entra il pesce.

Una volta giunti sul luogo di pesca per prima cosa occorre mettere in mare la pastura, ovvero la “fitta”, il sacco dovrà essere posizionato a prua in modo che non intralci nell’azione di pesca che normalmente viene svolta a poppa.

Quindi si inizia a calare in mare la lenza effettuando un piccolo sbilanciamento di una quindicina di metri, a favore di corrente, in maniera che i braccioli di questa abbiano la possibilità di distendersi al meglio.

Si chiude l’archetto e si lascia compiere alla lenza l’intera passata fino a quando il filo del mulinello non risulta perpendicolare o quasi alla superficie dell’acqua.

Se non si avvertono mangiate occorre salire lentamente per poi ripetere l’operazione.

Se sull’imbarcazione ci sono più pescatori è conveniente che ognuno provi ad altezza diversa con l’obbligo di avvertire gli altri di quanto riscontra.

Una volta individuata la prima abboccata occorre bloccare il filo della bobina sotto l’apposita unghia ferma filo per non perdere l’altezza alla quale stazionano i pesci.

Pescando dal barcone dove difficilmente esiste affiatamento con gli altri pescatori è necessario osservare con attenzione coloro i quali catturano più degli altri ed adeguarsi al loro modo di pescare: dimensioni degli ami e delle esche, peso del piombo, ma soprattutto riuscire a capire l’altezza alla quale vedono le mangiate.

Per chiudere spieghiamo come si costruiscono le lenza da sgombri a due ami  o con un solo amo .

Premesso che l’evoluzione tecnica ormai consiglia la costruzione delle lenze impiegando la colla ed eliminando i nodi per evitare che questi ultimi possano indebolire la resistenza del monofilo vediamo come si costruisce una lenza utilizzando l’antico sistema dei nodi.

Si inserisce su uno spezzone di fluorocarbon, di un paio di metri, dapprima una perlina, quindi una girella con la clip del numero 20/22, quindi una seconda perlina. A questo punto si realizza una piccola asola con un nodino a due spire sull’estremità del filo e si fanno salire sul filo raddoppiato sia le perline che la girella nello stesso ordine di prima, fino a quando verranno fermate dal nodo, quindi, immediatamente sotto si realizza un secondo nodo a due spire in modo da bloccare lo snodo e si taglia l’eccedenza.

Lo snodo lavora su circa un centimetro del filo raddoppiato dell’asola ed in questo modo risulta più resistente.

Si procede allo stesso modo anche dall’altra parte dello spezzone.

Negli occhielli liberi delle girelle oppure nelle clip di queste, andranno inseriti i terminali mediante un’asola brillata ed assicurati con un pezzettino di tubo di silicone.

La lenza è pronta per essere montata sulla canna inserendo il moschettone della girella della lenza madre nell’asola superiore, quindi il moschettone del piombo intercambiabile nella seconda asola.

Per quello che riguarda la lenza con un solo amo è sufficiente inserire dapprima una semplice  girella (n. 20) scorrevole sul filo del mulinello. Questa nell’occhiello inferiore, quello libero, ospiterà il moschettone di un piombo intercambiabile.

Quindi si lega, all’estremità della lenza del mulinello, una girella con il moschettone (n. 18/20) che farà da fermo e nel cui moschettone si inserirà l’asola del terminale lungo circa 150 cm.

L’unico amo permette un’azione di pesca decisamente più semplice e rapida, consentendo di alzare facilmente i pesci in barca.

2 risposte a “SGOMBRI: UNA TRADIZIONE PRETTAMANTE ROMAGNOLA, LA TECNICA”

  1. Avatar Giuseppe Di iorio
    Giuseppe Di iorio

    Ciao Nando. Puoi citare sia per le boghe che per sgombri sugheri e lanzardi qualche serie e marche di ami?
    Grazie e a presto.

    1. Si Giuseppe, da più di trent’anni pesco con i gamakatsu e ti posso assicurare che non mi hanno mai tradito
      Per le boghe le serie 120n e 421n
      Per gli sgombri ed i sugarelli il 187n dal 10 in giù oppure il 10 ed il 12 del 6315n
      Un abbraccio

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